Ammetto di essere una donna di una certa età e di essere cresciuta negli anni del boom delle tv private: ricordo ancora la sigla di Colpo Grosso e le sue ragazze CinCin, così come ricordo i film scollacciati con Gloria Guida ed Edwige Fenech, e che il mio meccanico di famiglia appendeva in officina le vecchie copie del calendario Pirelli, prima che si trasformassero in pubblicazioni ‘di lusso’.
Con questo bagaglio di vita vissuta, la mercificazione o l'oggettificazione del corpo femminile la riconosco in un batter d’occhio e mi permetto di dire che la rissa intorno al titolo, tra indignati della rappresentatività e i neo-nostalgici della f****, sta offrendo un spettacolo indecente.
Se da una parte si elogia il coraggio degli sviluppatori orientali nel non piegarsi ai diktat del politically correct, dall’altra si accusa la software house di aver creato una “bambola sessualizzata” e che a a farlo sia stato “qualcuno che non ha mai visto una donna”.
Un livello di critica talmente infimo dal punto di vista intellettuale, da costringere la testata IGN a chiedere pubblicamente scusa per le improvvide uscite di un suo redattore.
Anche le menti più raffinate, nel criticare l’estetica di Eve non hanno offerto opinioni più assennate se non un generale biasimo nei confronti di Sony come publisher e una successiva ‘riabilitazione’ delle figure di Bayonetta e 2B sulla scorta di un riscoperto principio di contestualizzazione del personaggio e del fatto che i designer che le hanno concepite fossero donne.
Nato in Corea del Sud
Al netto degli opposti estremismi di questi giorni, è evidente che la scelta di Sony di accaparrarsi l'esclusività per Stellar Blade sia da ascriversi unicamente a ragioni commerciali: da un lato le garantisce una diversificazione dell’offerta per gli utenti occidentali, dall’altro la possibilità di penetrare il mercato coreano con il marchio PlayStation per mezzo di una proprietà intellettuale “made in Korea”.
Per me, tenere a mente il ‘passaporto’ di Eve è stato fondamentale per affrontare la demo messa a disposizione da Sony con la giusta consapevolezza, così come fu fondamentale farlo per affrontare Lies of P, anch’esso videogioco sudcoreano.
Le caratteristiche da k-pop idol di P. erano meno palesi agli occhi del pubblico occidentale, mentre la fisionomia di Eve appare più ‘sfacciata’ nel rispettare i famigerati canoni di bellezza coreani: non è una mera questione di “sbattere la bonazza” in prima pagina, ma è la fotografia perfetta degli enormi problemi socio-culturali che affliggono la Corea del Sud.
Ossessionati dalla bellezza
La Corea del Sud è il paese con il più alto numero di cliniche estetiche e chirurgiche del mondo e ha il più alto tasso di persone - ogni 1000 abitanti - che vi ricorrono, tanto da scomodare il Governo stesso nel difendere economicamente questo settore specifico, ponendolo come ambito di “ interesse pubblico”.
La chirurgia non viene vista come un elemento di vanità o di miglioramento di sé, ma un vero e proprio investimento al pari dell’educazione di qualità e vale trasversalmente sia per le donne che per gli uomini: avere un bell’aspetto diventa importantissimo anche e soprattutto per trovare lavoro, tant’è che è un obbligo dover allegare le proprie foto, accuratamente ritoccate, ad ogni curriculum presentato.
La conseguenza più naturale è un approccio precoce a queste pratiche incentivato anche dai genitori che, preoccupati per il futuro dei propri figli, regalano operazioni di chirurgia estetica, come la nota “double eyelid” per modificare la conformazione della palpebra, o ricostruzioni maxillo-facciali estreme per raggiungere la tanto agognata V-Shape ed essere così “momjjang” (avere corpo e viso perfetti)
Un’ossessione che condiziona pesantemente la vita del coreano medio, che non solo deve sopportare orari di lavoro estenuanti e regole sociali inflessibili, ma deve anche essere perfetto secondo rigidissimi canoni estetici istituzionalizzati e incorporati nel gusto comune. Eventuali ‘difetti’ e imperfezioni vengono fatti notare con crudele franchezza.
Questa mania è frutto della storia della Corea del Sud che, nel giro di pochissimi anni, si è trasformata da paese poverissimo e sottosviluppato in una superpotenza economica e tecnologica e ha tragicamente rielaborato il concetto di bellezza esteriore, elemento distintivo delle classi agiate, come prova tangibile di successo e ricchezza.
A questo, si è unito il substrato del neoconfucianesimo coreano che, sebbene abbandonato come pratica religiosa, ne caratterizza ancora pesantemente la struttura e le regole sociali dove studio, disciplina e duro lavoro sono le coordinate principali. Un mix che ha avuto come risultato l’elaborazione di criteri standardizzati e rigidissimi per quanto riguarda la bellezza. Lo standard cui aspirare è definito come “Golden Ratio”
Ma Eve come è fatta?
Come detto in precedenza, Eve è stata creata seguendo pedissequamente i criteri maggiori di bellezza coreana (13 in tutto) e li posso segnalare uno ad uno:
Prima immagine: pelle bianca, viso a V, occhi grandi, testa piccola
Seconda immagine: bocca a cuore con labbro superiore più sottile dell’inferiore, aegyo sal (borse sotto gli occhi)
Terza immagine: attaccatura del naso alta, double eyelid e capelli lunghi.
Quarta immagine: spalle a 90°, corpo ad S, gambe lunghe e il thigh gap (spazio che intercorre nell’interno coscia)
Quinta immagine: sopracciglia dritte, naso stretto e a punta.
Questi sono elementi imprescindibili affinché il coreano medio possa considerare una donna bella e ce ne sono altrettanti per gli uomini. La motivazione principale per cui anche i maschi sono sottoposti a questa pressione è che questi devono guadagnare quanti più soldi possibile per affrontare le enormi spese che la società tradizionale e conservatrice coreana impone: laurea con i massimo dei voti in una delle tre migliori università coreane ( le cosiddette SKY, acronimo delle iniziali di questi istituti), trovare il miglior lavoro possibile, acquistare un appartamento (badate bene, un appartamento, non altro), sposarsi entro i 30 anni e fare un figlio a cui dovrà garantire le stesse identiche opportunità.
Tutto questo rientra in un quadro più generale di iperc-ompetitività dove essere attraenti fa parte dei requisiti per poter accedere a carriere sfolgoranti, dato l’alto livello di istruzione generale della popolazione coreana. Per le donne, la bellezza è strumentale non solo per trovare lavoro, ma anche per la ricerca di un marito di successo che possa mantenerla nel post - ‘doverosa’ - maternità cui ho accennato prima.
Una situazione che ha reso questo paese detentore del record della più bassa natalità al mondo, al netto dei sostanziosi bonus economici che il governo elargisce per invertire questa tendenza.
Anche qualche Idol sta ribellandosi, con molta cautela, alle regole che vengono imposte dalle major musicali per quanto riguarda l’aspetto fisico e sono, finalmente, trapelate informazioni dettagliate su come vengono gestiti i trainee (apprendisti idol) e le condizioni di vera e propria schiavitù a cui soggiacciono.
Quindi è una questione di culo?
Direi proprio di no e dietro le sinuose forme di Eve, si nasconde un problema molto più complesso che un critico o esperto videoludico dovrebbe avere la decenza di conoscere, almeno per sommi capi, quando si trova davanti ad un’opera coreana.
A maggior ragione se si considera che la Corea è il 4° mercato più importante in ambito gaming e sempre più, propone videogiochi che si discostano dal tradizionale MMO. Liquidare la scelta di aver proposto una protagonista con quella estetica con un “non sanno cosa sia una donna vera” o “eroi contro il politically correct” ,non solo sottolinea come l’atteggiamento occidentale sia supponente e autoriferito in relazione a culture diverse, ma non aiuta coloro che, in Corea, stanno cercando di cambiare qualcosa con enormi sforzi.
Ottimo approfondimento.
Complimenti Mara l'articolo è super interessante e ho imparato più di qualcosa su un mondo che conosco poco ma che mi interessa.